Stefania viaggia. Forse il solo accostamento di queste due semplici parole può descrivere nella maniera più pura ciò che questa inguaribile ricercatrice di esperienze fa da 50 anni a questa parte.
Ho conosciuto Stefania ormai 4-5 anni fa, quando lavoravamo insieme a congressi ed eventi medico-scientifici. Io, giovane studentessa dovevo guadagnare qualche soldo per mantenere parte degli studi, lei faceva pause tra un viaggio nel mondo e l'altro. Nonostante avesse il doppio dei miei anni, c'è stata intesa fin da subito. L'ammiravo.. e l'ammiro tutt'ora per la tenacia e la voglia di scoprire il mondo.
Per i suoi 50 anni, e dopo innumerevoli avventure, Stefania ha deciso di regalarsi il tempo. Così ha comprato un biglietto di sola andata per l'altro capo del mondo e ha cominciato a riempire la valigia di momenti unici, viaggiando e lavorando in cambio di vitto e alloggio. Una volta tornata, ha scritto un libro "#Vagabondingirl, come viaggiare il mondo in cambio di vitto e alloggio". Racconto di esperienze e, allo stesso tempo, manuale con consigli pratici. A questo punto.. Non potevo che intervistarla!
- Stefania, 52 anni, ne dimostri 25. Hai un blog, sei attiva sui social media, scrivi libri, ma i piedi saldi sulla terra, quella Terra che tanto ami e che sempre vuoi scoprire. Quali sono i 3 elementi chiave che ti spingono ogni volta verso un nuovo viaggio?
La curiosità, la ricerca di posti remoti (almeno per me), la scoperta di una nuova cultura. Se cercassi solo la bellezza e l’arte starei in Italia, ma il mondo è così vario che la voglia di esplorarlo non si esaurirà mai. L’avevo sin da bambina ed è cresciuta con me.
- La tua filosofia di viaggiatrice è rappresentata da una valigia “da riempire di vita” e tanto “tempo da perdere”: cosa vai cercando per riempire questa valigia e questo tempo?
Esperienze forti, ricordi indelebili, una ricchezza che non svanisce ma resta impressa nel cuore e nella mente per sempre. Sono alla continua ricerca di un qualcosa di indefinito, in modo tale da non smettere mai di cercare. Ultimamente ho notato che i grandi viaggi li ho sempre fatti in seguito ad un episodio od un momento di sofferenza della mia vita. Forse il mio è solo un modo per lenire il dolore. Posso dire che il Viaggio è la mia Cura.
- I segreti dei tuoi viaggi low cost si chiamano Couchsurfing e Workaway. Come funzionano queste piattaforme?
Sono entrambe delle vetrine in cui si incontrano persone che cercano e persone che offrono alloggio o lavoretti saltuari. Le ho usate alternate durante i miei lunghi viaggi. Si crea il proprio profilo, più dettagliato possibile e si comincia con scegliere la zona da visitare, poi una volta stabilito il contatto si concordano data e durata del soggiorno, mansioni e tipologia dell’alloggio, insomma si definisce tutto prima di raggiungere la destinazione scelta.
- Ci racconti le situazioni più strane in cui ti sei trovata a lavorare o alloggiare?
Russell, Nuova Zelanda. La mia destinazione è una fattoria di proprietà di un facoltoso signore inglese di circa 60 anni, emigrato lì quando era ancora un ragazzino. Ha una casa con 5 camere da letto, una dependance con un garage contenente un paio d’auto d’epoca, una camera da letto con bagno ed kitchinette (decido di stare lì per avere più privacy).
La vastità dei terreni che circondano la casa è per me inimmaginabile, li visitiamo con una specie di macchinina Dune Buggy, e dopo aver attraversato foreste e laghetti, percorso chilometri e chilometri, scollinato verso il mare… niente siamo ancora nella sua proprietà!
Il giorno seguente di buon ora vado con un suo cowboy e sette cani da lavoro a spostare un gregge, circa 800 pecore ed agnelli. Un’esperienza unica ed indimenticabile, resto ammaliata dall’abile lavoro dei cani che, guidati dai fischi del pastore, muovono il gregge. Dopo le pecore, tocca ai tori ma in questo caso mi viene chiesto di starmene alla larga. Insomma a fine giornata mi rendo conto di non aver fatto un fico secco, mi sono limitata ad osservare e a fare qualche foto. Nei giorni seguenti vado a pesca con il proprietario terriero, che mi ha raccontato di non aver bisogno di aiuto ma gli piace ospitare gente proveniente dall’altra parte del mondo per chiacchierare con persone nuove, dato che il paese in cui vive è composto da solamente 400 persone e a detta sua tutti vecchi rimbambiti (humor inglese). Gli abitanti della Nuova Zelanda sono quanto quelli di Roma e provincia, sparsi su due isole grandi più dell’Italia, capisco questo senso di isolamento.
Queensland, Australia. Trascorro tre mesi a bordo di un catamarano che navigava tra le isole remote e disabitate dell’arcipelago delle Whitsundays. La barca non è dotata di generatore elettrico (solo pannelli solari), niente frigorifero ed aria condizionata. Ci cibiamo esclusivamente di ciò che il capitano pesca quotidianamente, fortunatamente è bravissimo e procura cibo a sufficienza per il suo equipaggio, Fedra, l’altra ragazza a bordo, si occupa della cucina, io invece curo i social network, ovvero devo creare un canale video, un blog, una pagina Facebook ed Instagram su cui raccontare le nostre avventure marinare. I giorni scorrono lenti, visitiamo posti incantevoli, nuotiamo con le mante giganti e le tartarughe marine, pagaiamo tra le calette inesplorate di meravigliose isole lussureggianti, facciamo snorkeling sulla barriera corallina. Più che un lavoro sembra un sogno.
- In molti dei tuoi viaggi si ripropongono il mare, l’oceano, l’acqua… Cosa significa per te l’acqua?
L’acqua è un elemento che contraddistingue la mia vita, sono appassionata di surf, di vela, di kayak, per questo ho sempre selezionato le mie mete in base alla possibilità di poter praticare questi sport.
- Il “Vagabondo” è tipicamente quella figura che vaga senza meta, definita sul web con l’espressione “nessun fuoco e nessun luogo”. Con te mi verrebbe da dire il contrario: tanti fuochi e tanti luoghi. Che ne pensi?
Il libro che ha ispirato i miei viaggi s’intitola “Vagabonding, l’arte di girare il mondo”. Dopo averlo letto ho iniziato a fantasticare e a programmare i miei viaggi. E proprio perché non avevo in mente un luogo in particolare, bensì tanti, ho deciso di vagare, non proprio senza meta ma con una traccia da poter cambiare durante il tragitto.
- VagabondinGirl: Com’è stato usare la penna per mettere nero su bianco le tue esperienze?
E’ stato spontaneo. Durante i viaggi tenevo un blog con i racconti e le emozioni quasi quotidiani, una volta rientrata gli amici mi chiedevano come poter fare questa esperienza, allora ho pensato di scrivere un manuale. Nella prima parte del libro descrivo in modo dettagliato come fare a viaggiare barattando il tempo in cambio di vitto e alloggio, nella seconda racconto le mie esperienze dirette per far comprendere al meglio cosa c’è da aspettarsi, nella terza parte racconto i miei primi 50 anni dal punto di vista del viaggio e come la vita mi abbia portato a fare queste scelte.
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