Una volta che sei stato in Giappone, difficilmente non ti capita di sognarlo la notte e di desiderarlo di giorno! Il Giappone è un’esperienza a tutto tondo, non è un viaggio andata e ritorno. Come raccontavo nel post precedente (http://www.tulipando.it/2018/03/11/in-giappone-ho-visto/) nel Paese del Sol Levante ho visto cose strane, posti meravigliosi.. anzi, cose strane credo renda meglio l’idea.
Ebbene, abbiamo parlato di mascherine, maratone, mercatini delle pulci e macchinette pesca pupazzi. Oggi vorrei proseguire con la condivisione di altri, indelebili, ricordi.
Quella volta che ci siamo addentrate nel Kenroku-en Garden della cittadina di Kanazawa, c’era un tempo uggioso, biancastro. La neve si stava sciogliendo e il sentiero quasi melmoso, ma i rami degli alberi si allungavano lungo gli specchi d’acqua olivastra. C’era un’assordante pace in quel posto. Quell’assordante pace è stata ancora più intensa quando abbiamo assistito ad un rito abbreviato della cerimonia del tè. Una casetta di legno, il tatami freddo per terra, via le scarpe. Nel silenzio e qualche risolino, ci inginocchiamo e una ragazza ci porta il dolcino al fagiolo rosso, si inchina e se ne va. Poi tocca al tè matcha. Ci dicono che dobbiamo prendere la scodella con la mano sinistra, girare due volte con la mano destra e poi, si può bere!
Quella volta che ho voluto replicare la passeggiata in un giardino, ero più fortunata. Il tempo era stupendo ed ero a Tokyo. Se amate il caos metropolitano della zona più claustrofonicamente confusionaria di Shinjuku, vogliate apprezzarne anche l’altra faccia. Poco lontano dagli enormi centri commerciali, si estende il Shinjuku Gyoen. Estasi. Ho camminato, in silenzio, non sapendo nemmeno più dove guardare. Prati rasi, ponticelli, pergolati, cespugli tondi, ciliegi, lanterne. Ero in estasi.
Quella volta che siamo passati dalla primavera all’inverno in un attimo, eravamo vicino a Toyama, in mezzo ai monti, nel villaggio patrimonio UNESCO, Gokayama. 40 casette col tetto fatto di strati centenari di paglia, si trovano in una valle dispersa, immerse in 3 metri di neve, nel nulla. Sono speciali perché ancora abitate e ancora conservate nel rispetto della cultura, delle usanze e delle scomodità di un tempo. Un bracere fuma nel centro della stanza, il tatami fa da materasso, la carta da pareti e il kokiriko da ninna nanna.
Quella volta che una danzatrice ci ha insegnato i movimenti della danza dedicata alla raccolta del riso. Pesca con la destra, pesca con la sinistra, metti ad asciugare, tira su, tira giù, non mi ricordo più. Insomma, movenze lente, ripetitive, quasi snervante, ma intense, imperterrite, costanti, ma soprattutto sentite. Nel frattempo la cantante intonava suoni gutturali, sorridendo e battendo le mani ad un tempo tutto suo. Strumenti a corda antichissimi l’accompagnavano.
Quella volta che parlando sempre di danze e performance, ho camminato tra le viuzze del cosiddetto Higashi Chaya District, la zona delle geishe. Chi erano le geishe non lo può dire nessuno, ma si può dire che stavano in casette di legno, con le finestre coperte da listelle che permettevano di vedere fuori, ma non vi si poteva guardare dentro! Ora ci sono locali, pasticcerie, botteghe artigiane, ma qui e là sentivo un’aspirante giovane geisha che si esercitava con un vecchio strumento a vibrazione. Cantava, o meglio, mormorava.
Quella volta che.. anzi, quelle volte che ho provato cibi nuovi. Un sushi che si scioglieva in bocca, preparato e sapientemente esplicato dallo chef davanti ai miei occhi. A tratti mi sembrava quasi di capire il giapponese dello chef, tanto era fresco e morbido quel pesce!
E poi.. degustazioni mistiche.. pesce crudo servito in una palla di neve, zuppe di pesci dallo sguardo orribile (i pesci degli abissi sono veramente paurosi!), pezzi di bambù e altri vegetali mai visti prima, granchi ripieni e polpetto di gamberi bianchi, che pare fossero un miracolo d’alta cucina anche per gli altri commensali giapponesi!
Quella volta che, purtroppo, dovevo già tornare a casa.. la mattina stessa non riuscivo a togliere gli occhi dal Monte Fuji. Mi guardava, lo guardavo, mi sorrideva. Io sorridevo, anzi continuavo a sorridere da una settimana ormai!
Ma volando verso l’Europa, la coronazione.. i ghiacci della Siberia! Chilometri e chilometri, ore ed ore, ho volato sui ghiacci, come in un documentario sulla natura incontaminata.
Quella volta che ero in Giappone.. che storia!